La mattina nel cuore del borgo profuma del pane appena uscito dal forno, un volo improvviso di corvi interrompe quella quiete che caratterizza le ore prima che la gente si svegli e cominci ad aprire le finestre per fare entrare l’aria del nuovo giorno, a sbattere i cuscini, a mettere su la moka per il caffè.
Al bar – classico punto di ritrovo dei paesi italiani, a maggior ragione quelli dell’entroterra – la fretta è chiusa fuori, qualcuno arriva e qualcuno se ne va, nella tranquillità immobile del venerdì santo. Scorrono le vite come le storie. Il ciclismo arriva con il suo turbine e le solleva tutte, da consegnare ai visitatori che sono qui per un preciso motivo e – forse – ritorneranno per molti altri.
L’arte, le origini, le botteghe e il ritmo del fiume.
In un colpo d’occhio, dalla sala comunale si può scorgere tutta Esanatoglia nel suo accrocchio antico di case e palazzi nobiliari, spingendo lo sguardo fino alle colline e poi Matelica in lontananza.
Il sindaco saluta tutti prima di accendere le luci della sala delle feste e tornare indietro di secoli, quando i Da Varano da Camerino usavano queste stanze per ricevere gli ospiti, nei giorni d’estate. Il ciclo dei cavalieri a volto scoperto scorre lungo le quattro mura e rappresenta le più eminenti personalità di questa famiglia che aveva acquistato, dopo il 1100, dalla Granduchessa di Spoleto il castrum di Santa Anatolia.